La lucida follia di Ahmadinejad. Una nuova strategia per abbatterlo

Di Mahmoud Ahmadinejad si può dire di tutto, che è un sanguinario dittatore, che è un antisemita incallito, che è avido di potere, che è assolutamente insensibile alle necessità del popolo iraniano, persino che sia un folle. Tuttavia la sua è una “lucida follia”, qualcosa che paradossalmente sfiora l’estrema intelligenza tattica.

Intendiamoci, la mia non è una adulazione del dittatore persiano, che detto per inciso detesto senza se e senza ma, è una semplice constatazione sulla lucida follia di questo uomo che sta usando tutti e tutto a suo piacimento per raggiungere quelli che sono i suoi folli obbiettivi. Il bello è che tutti ci credono. Per farvi capire di cosa sto parlando voglio partire dall’analizzare, anche se in maniera sommaria, tutte le mosse fatte da Ahmadinejad negli ultimi anni.

Da quando il dittatore di Teheran è andato al potere, il 3 agosto del 2005, i suoi due obbiettivi primari sono stati il rafforzamento interno dei Pasdaran e l’espansione esterna dell’Iran al fine di arrivare a essere la prima potenza del Medio Oriente. Sul primo obbiettivo, cioè sul rafforzamento del potere dei Pasdaran a scapito del potere religioso, Ahmadinejad no ha avuto fretta. Ci ha lavorato lentamente ma sistematicamente. Ha fatto in modo che i Pasdaran prendessero il controllo economico del Paese un pezzo alla volta. E’ partito con il prendere il controllo dei cantieri navali, delle ditte di trasporti e di quelle della logistica. Poi è passato alle banche e alle istituzioni finanziarie. In ogni posto chiave dell’economia iraniana ha messo un uomo di sua fiducia naturalmente proveniente dai Pasdaran. Infine, pochi mesi fa, ha preso il controllo delle telecomunicazioni e dei media. Durante questi anni ha sistematicamente indebolito l’esercito regolare iraniano rafforzando contemporaneamente l’apparato militare dei Pasdaran che oggi hanno mezzi e uomini che l’esercito se li sogna.

Ma è all’estero che il boia di Teheran ha dato (e sta dando) il meglio di se. Ha allacciato una serie di relazioni internazionali ai quattro angoli del pianeta, dall’Africa all’estremo oriente passando per il Sud America. L’Iran è indirettamente coinvolta nei maggiori conflitti medio-orientali. In Iraq controlla tutto il sud e parte del centro del Paese attraverso le milizie sciite che fanno capo a Moqtada al-Sadr e al suo potentissimo “esercito del Mahdi”. In Afghanistan controlla il flusso di uomini e di armi nelle provincie occidentali, quelle dove operano i militari italiani. In Libano controlla tutto il sud e il centro del Paese attraverso Hezbollah. Poi c’è l’Africa. Ahmadinejad ha stretto accordi con l’Eritrea di Afeworki e con il Sudan di Al Bashir che usa come “ponti” per il traffico di armi diretto in Medio Oriente. Ha interessi non ancora ben chiari in Somalia. Di recente ha stretto accordi con il Gabon, il Mozambico e sopratutto con il Niger (almeno prima dell’ultimo Golpe). Nella penisola arabica sostiene e finanzia la guerra dei ribelli sciiti dello Yemen. Infine in Sud America ha stretto rapporti “fraterni” con il Venezuela di Hugo Chavez e, attraverso le filiali di Hezbollah in Sud America, controlla i traffici illeciti in Colombia, Ecuador, Bolivia e Perù.

Ma il suo vero e proprio capolavoro all’estero Ahmadinejad lo ha piazzato a pochi passi da casa portando un colosso come la Turchia sulle posizioni di Teheran e allontanando Ankara da Gerusalemme. Per arrivare a questo risultato non ha fatto altro che sfruttare la questione palestinese che, per inciso, non interessa affatto al boia di Teheran, gli fa semplicemente comodo in un’ottica prettamente geopolitica. Dei palestinesi non frega niente agli arabi, figuriamoci cosa può interessare ai persiani, però sono un ottimo mezzo per attirare su di se le simpatie di una larga fetta di filo-palestinesi occidentali che, proprio per questo, gli perdonano tutto compresa la feroce repressione interna e lo adorano come non hanno mai fatto nemmeno con i leader arabi. Un persiano eletto a paladino degli arabi, chi lo avrebbe mai detto?

Che dire poi dell’acume tattico con il quale ha manovrato la questione nucleare iraniana? Per anni ha preso per i fondelli l’AIEA e l’ONU, a dire il vero con la complicità fattiva di Mohamed ElBaradei, l’ex direttore dell’AIEA che per anni ha tenuto nascosti documenti comprovanti il carattere militare del programma nucleare iraniano, documenti emersi solo con l’avvento all’AIEA di Yukiya Amano. Eppure per anni è riuscito a convincere (quasi) tutti che l’Iran fosse lontanissima dalla bomba quando invece è ormai chiaro che si trova a un passo.

Il retro della medaglia di tutte queste “operazioni vincenti” portate avanti dal dittatore di Teheran è la situazione interna che vive l’Iran, sia in termini economici che in termini sociali. Il Paese, nonostante le immense ricchezze, è immerso in una gravissima crisi economica collegabile solo in parte al contesto internazionale. I soldi che dovevano servire per la costruzione di infrastrutture e per potenziare l’economia del Paese sono stati dilapidati dal dittatore per le sue trame internazionali e per la sua brama di potere. Il risultato è un Paese con un dispositivo militare imponente, prossimo a diventare potenza nucleare ma estremamente povero e retrogrado sebbene con un tasso di laureati che non ha pari in tutto il Medio Oriente. La dissidenza interna, che tutti all’inizio credevano un fuoco di paglia, nel corso dei mesi è evoluta in un movimento di opposizione pacifico che rivendica Diritti, libertà e uno Stato moderno adeguato alle sue potenzialità. Eppure, nonostante le legittime richieste, si trova a combattere con un apparato quasi indistruttibile creato proprio per avere il controllo totale su tutto e su tutti, controllato da pochissime persone che, oltretutto, non fanno nemmeno parte di quel clero sciita che fino all’avvento di Ahmadinejad deteneva il potere assoluto.

E’ chiaro quindi come, in queste condizioni, sia difficilissimo per il Movimento Verde abbattere il dittatore. Non dico che sia impossibile o che bisogna rassegnarsi, tutt’altro, dico che per abbattere Ahmadinejad bisogna essere estremamente organizzati e possibilmente coesi, con un leader attendibile che delinei e coordini le prossime mosse del Movimento Verde.

Di questo si è discusso nei giorni scorsi in una riunione con importanti esponenti della dissidenza iraniana e si è tutti d’accordo che se da un lato non bisogna demordere nella ricerca del cambiamento democratico interno e senza interferenze esterne, dall’altro occorre un maggior coordinamento per combattere la lucida follia del dittatore del quale si può dire di tutto meno che non sia furbo.

Bianca B.

3 commenti su “La lucida follia di Ahmadinejad. Una nuova strategia per abbatterlo”

  1. ahmadinejad è un presidente democraticamente eletto con la maggioranza assoluta dei votanti. partiamo un po’ da questo? 🙂

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