Medio Oriente: qualcuno soffia (e spera) sulla terza intifada

Da diversi giorni si parla di una terza intifada, soprattutto da quando Israele ha deciso di inserire la Tomba di Rachele a Betlemme e la Tomba dei Patriarchi a Hebron nel programma di restauro e mantenimento dei luoghi sacri, una decisione che per il suo fine dovrebbe essere plaudita visto che i luoghi menzionati sono sacri per gli ebrei, per i cristiani e per i musulmani.

Invece qualcuno ha da subito strumentalizzato la cosa parlando a sproposito di “espropriazione” dei luoghi santi nonostante le rassicurazioni del Governo di Gerusalemme che si trattava solo di una decisione finalizzata a restaurare e mantenere in perfetto stato i due luoghi sacri contribuendo così ad aumentare il flusso di pellegrini e quindi di turisti che vengono da tutto il mondo per vedere la Tomba di Rachele e la Tomba dei Patriarchi.

Questa mattina, giorno del Purim, festa ebraica particolarmente sentita quest’anno proprio per il significato che riveste (vedere il link) e che ricorda il digiuno di Ester, una cinquantina di palestinesi che si erano asserragliati nella Moschea di Aqsa sono usciti sulla Spianata delle Moschee e hanno preso a sassate diverse comitive di turisti costringendo la polizia israeliana a intervenire. Non ci sono stati scontri come qualcuno ha scritto, i palestinesi sono rientrati nella moschea da dove continuano a lanciare sassi, ma è chiaro che la tensione è alle stelle. L’IDF è in stato di massima allerta in tutto il territorio perché si temono scontri e attentati. Sotto controllo, oltre ai palestinesi, anche la comunità di ebrei ultra-ortodossi che potrebbero provocare scontri (ma questo i giornali occidentali non lo riportano). L’attenzione è concentrata soprattutto nella zona di Hebron e nella zona nord della Samaria dove si temono disordini proprio nella giornata di oggi.

Ma come si è arrivati a questa condizione che ricorda tanto lo scoppio delle due precedenti intifada e che desta tanta preoccupazione? Semplice, si è voluto a tutti i costi (anche in occidente) soffiare sul fuoco integralista scatenato dalla decisione di Gerusalemme di restaurare i luoghi sacri alle tre religioni monoteistiche. Non ci risulta infatti che ci siano state proteste da parte dei cristiani per la giusta decisione del Governo israeliano di inserire sotto tutela i suddetti luoghi sacri. Questo perché è evidente a tutti che il restauro e la tutela sono azioni fondamentali per il corretto mantenimento della Tomba di Rachele e della Tomba dei Patriarchi, luoghi che oltre a essere sacri sono un punto fermo dell’economia locale (soprattutto palestinese).

Si ha la netta impressione che qualcuno dall’esterno cerchi in tutti i modi di scatenare una terza intifada allo scopo di mettere in seria difficoltà l’Autorità Nazionale Palestinese e più in generale di incendiare nuovamente la Cisgiordania. Non può infatti essere sfuggito il rapporto sulla economia palestinese in Cisgiordania che, a differenza di quella di Gaza oppressa dall’occupazione di Hamas, è in costante e vertiginosa crescita. Il Fondo Monetario Internazionale ha stimato infatti che l’economia in Cisgiordania sia cresciuta del 7% nel 2009 e crescerà del 10% nel 2010. Addirittura il Primo Ministro palestinese, Salam Fayyad, corregge al rialzo le stime del FMI parlando di una crescita nel 2009 pari all’11% con stime per il 2010 superiori al 15% (meglio di Shanghai per intenderci).

E’ indiscutibile che questo boom economico rompa le uova nel paniere di un sacco di gente che vorrebbe descrivere la Palestina come una terra oppressa e dipendente esclusivamente dagli aiuti internazionali. La realtà, seppure circoscritta alla Cisgiordania e quindi alla regione non governata da Hamas, è invece completamente diversa e dimostra come in effetti vi siano due regioni ben distinte della Palestina, quella libera governata (con tutti i pro e i contro) dalla ANP e quella occupata da Hamas (Gaza).

Certo problemi non mancano nemmeno in Cisgiordania, sarebbe stupido descrivere una situazione tutta rose e fiori, ma siamo decisamente molto lontani dalla situazione che vive Gaza sotto occupazione di Hamas. La Cisgiordania sta costruendo strade, infrastrutture, attività produttive e commerciali. Iniziano a nascere i primi negozi di beni di lusso e la gente è libera di operare come vuole.

Questa realtà, perché di questo si tratta, di una realtà, da parecchio fastidio a coloro che invece campano sull’odio e sull’eterno conflitto religioso. Da qui le strumentalizzazioni sulla decisione del Governo di Gerusalemme di inserire i luoghi sacri nel piano di restauro e di mantenimento. L’obbiettivo è chiaro, scatenare una nuova intifada allo scopo di rovinare gli indiscutibili progressi avvenuti in Cisgiordania, progressi così lontani dalla situazione che sta vivendo Gaza che nessuno vuole correre il rischio che i palestinesi oppressi da Hamas iniziano a porsi qualche semplice domanda e a fare paragoni tra la loro situazione e quella dei loro fratelli in Cisgiordania. Hamas da diversi mesi sta cercando con tutti i mezzi di infiltrarsi in Cisgiordania per raggiungere il suo obbiettivo. Per il momento non c’è riuscito ma la situazione è molto precaria. Sarebbe davvero un peccato far tornare la Cisgiordania libera al livello della Gaza occupata.

Sharon Levi

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