L’hanno chiamata “primavera araba” la rivolta che in Egitto ha spodestato Mubarak. Hanno detto che i ragazzi scesi in piazza volevano più libertà e che erano lontanissimi dall’estremismo islamico. Forse sarà anche vero, cioè, forse i ragazzi volevano veramente più libertà, ma e un dato di fatto che l’Egitto sia in mano agli estremisti islamici e in tutto questo non c’è niente di quella “primavera araba” tanto reclamizzata dall’occidente.
La prova, inconfutabile, arriva da una intervista che il Segretario Generale della Lega Araba, l’egiziano Amr Moussa, ha rilasciato al Washington Post dove afferma che Hamas non è un gruppo terrorista e che l’Egitto dovrebbe migliorare le sue relazioni con l’Iran.
Già nelle scorse settimane si era visto benissimo come la Fratellanza Musulmana avesse preso piede in Egitto e come, da quando è caduto Mubarak, il potere nella terra dei faraoni sia passato in mano all’esercito guidato da un estremista islamico che risponde al nome di Mohamed Hussein Tantawi, non certo quello che i giovani egiziani volevano. Ora il piano è chiarissimo se anche il Segretario Generale della Lega Araba nonché prossimo candidato alla guida dell’Egitto rilascia certe dichiarazioni: si vuole colpire Israele e si vuole tornare al periodo antecedente al trattato di pace del 1979. Non c’entra niente la “primavera araba” come non c’entra niente la ricerca di più libertà. Anzi, il rischio è che l’Egitto diventi nel volgere di poco tempo l’Iran arabo. Altro che libertà.
Intendiamoci, non ci aspettavamo niente di diverso da tutto questo. Quando è stato spodestato Mubarak lo abbiamo detto subito che la cosiddetta “primavera araba” non c’entrava niente. Solo che è ridicolo che ancora qualcuno in occidente sostenga che la trasformazione egiziana sia volta a una forma di “democrazia araba”. La democrazia di Tantawi si è vista benissimo nella durissima repressione di quei giovani egiziani che, accortesi dell’inganno, volevano tornare a manifestare in Piazza Tahrir per recriminare i loro Diritti e che sono stati presi a colpi di mitra dai militari egiziani. Vittime e arresti come nemmeno sotto Mubarak si era visto.
E adesso l’Egitto getta definitivamente la maschera con le parole chiarissime e inequivocabili di Amr Moussa. Ora si spera che il Presidente americano Barack Hussein Obama dimentichi per un attimo le sue simpatie islamiche e torni ad essere quel condottiero che l’America e l’Occidente si aspettano che sia e che riprenda in mano il pallino della lotta all’estremismo islamico. L’uccisione di Bin Laden è solo una tappa della guerra, ancora il brutto deve arrivare e la prima linea è sul Sinai. Lo capirà Obama?
Sharon Levi
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