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Franco Londei > Senza categoria > Report Sud Sudan: tutti gli ostacoli alla pace (parte prima)
Senza categoria

Report Sud Sudan: tutti gli ostacoli alla pace (parte prima)

Franco Londei
Franco Londei 22 Gennaio 2011
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La scorsa settimana la popolazione del Sud Sudan è stata chiamata a decidere se continuare a essere cittadini sudanesi oppure se separarsi dal Sudan per formare un nuovo Stato indipendente. Le previsioni dicono che i cittadini sud-sudanesi hanno scelto la via della separazione e che formeranno presto il 54° stato africano (i risultati si avranno entro un mese). Tuttavia sono molti i motivi di tensione che non fanno stare tranquilli gli analisti e gli esperti di politica internazionale. Noi li abbiamo analizzati uno a uno nel tentativo di dare a chi non conosce questa realtà un quadro quanto più possibile realistico. Per comodità abbiamo diviso il report in due parti che pubblicheremo in giorni diversi. Una volta pubblicata la seconda parte sarà disponibile anche  il PDF di tutto il report completo di cartine e mappe.

Il petrolio: buona parte delle risorse petrolifere sudanesi si trova nella regione meridionale, per cui in caso di secessione il Sudan si troverebbe nella condizione di dover rinunciare a buona parte di quella che è stata fino ad oggi la maggiore risorsa del Paese. Questa consapevolezza ha fatto si che in molti a Khartoum si opponessero strenuamente al referendum secessionista. Nonostante questa ferma opposizione il Presidente sudanese, Omar al Bashir, ha mantenuto fede agli impegni presi nel 2005 e ha più volte dichiarato che rispetterà il volere del popolo meridionale. Ma non bastano certo le parole di Bashir a chiudere la vicenda o a tranquillizzare gli analisti internazionali o gli investitori che potrebbero puntare sullo sviluppo petrolifero del Sudan Meridionale. Le tensioni sono fortissime soprattutto nella regione contesa di Abyei, una delle più ricche di petrolio. Lo scorso anno la Corte Internazionale di Arbitrato ha stabilito la divisione della regione di Abyei su base etnica. Il nord, abitato dalle popolazioni arabe dei Misseriya e ricco di giacimenti già attivi, sarebbe andato al Sudan, mentre la parte meridionale della regione abitata dalle popolazioni africane dei Ngok Dinka anch’essa ricca di petrolio ma non ancora sfruttata, sarebbe dovuta andare al Sudan Meridionale. Qui le tensioni sono alimentate anche da altre ragioni non pertinenti con lo sfruttamento delle risorse petrolifere (ne parleremo nel capitolo dedicato all’agricoltura), ma quelle che fanno temere gli analisti sono quelle sull’attribuzione delle cosiddette “aree petrolifere” di cui molte ancora da sfruttare. Il problema è nato quando la China National Petroleum Corporation (CNPC) ha rivendicato lo sfruttamento delle aree petrolifere a sud del confine virtuale tra nord e sud Sudan. La CNPC è forte di un contratto firmato con Khartoum nel 2003, quando cioè imperversava il conflitto tra nord e sud Sudan e quando quelle terre non erano oggetto di controversia. A seguito della firma del trattato di pace (Comprehensive Peace Agreement – CPA) avvenuto a Nairobi nel 2005, la regione di Abyei andrebbe invece al Sud Sudan (The Protocol on the resolution of conflict in Abyie – 26 May 2004) che si guarda bene dal confermare i precedenti accordi tra Khartoum e la CNPC anche perché i cinesi durante la guerra tra nord e sud Sudan hanno messo a disposizione le loro strutture (aeroporti e basi sui Monti Nuba) all’aviazione di Khartoum. In base alle decisioni della Corte di Arbitrato Internazionale le aree petrolifere a sud della regione di Abyei sono di pertinenza del Sudan Meridionale (quelle a nord sono già sfruttate dai cinesi) per cui la CNPC si vedrebbe costretta a rinunciare ad enormi riserve a beneficio di altre compagnie (si parla della Total Fina e di altre compagnie occidentali). E così ci si inventa lo scontro etnico (così come in Darfur) tra Misseriya e Ngok Dinka. Questo conflitto “di interessi” rischia seriamente di compromettere il percorso di indipendenza del Sud Sudan. E’ allora che intervengono i negoziatori che propongono alle parti in causa un accordo di reciproco interesse. Le aree petrolifere non ancora sfruttate nella regione di Abyei di pertinenza del sud Sudan verranno “perforate” dal Governo Meridionale ma il petrolio sarà trasportato fino a Port Sudan usando le infrastrutture del nord di proprietà (o di costruzione) cinese. In questo modo la CNPC non perderà il flusso di petrolio indispensabile per alimentare l’economia cinese, il Sudan Meridionale ricaverà enormi somme dall’estrazione di petrolio mente il Sudan guadagnerà dalla concessione delle infrastrutture e da una percentuale sul petrolio estratto. Sembrerebbe fatta ma, come vedremo nei capitoli seguenti, non è affatto così. Diciamo che se l’accordo regge il problema del petrolio è in gran parte risolto anche perché lo stesso accordo verrà applicato pure per le restanti aree petrolifere del Sudan Meridionale con reciproco beneficio.

L’agricoltura – Le terre più fertili e ricche di pascoli del Sudan sono in buona parte situate nella parte sud del paese. Questo significa che con la secessione del Sud Sudan il nord perderà buona parte delle sue risorse agricole anche se al momento scarsamente sfruttate. Questo problema è anche alla base degli scontri etnici tra Misseriya e Ngok Dinka nella regione di Abyei. Come detto prima il Tribunale di Arbitrato ha diviso la regione su base etnica, al nord i Misseriya e al sud i Ngok Dinka. I Misseriya sono in buona parte pastori nomadi che spostano spesso le loro greggi nei terreni fertili del sud e quindi nei terreni dei Ngok Dinka che invece sono prettamente dediti all’agricoltura. Questa “invasione” ha provocato nei mesi scorsi feroci scontri tra le due etnie che hanno fatto centinaia di morti. Ma il problema agricolo non si esaurisce qui. Come detto buona parte delle terre fertili sono nel territorio che Sudan Meridionale. Khartoum punta ad avere una parte dei futuri raccolti inserendo la richiesta in quella clausola contenuta nel  trattato di pace del 2005 che prevede la divisione delle risorse almeno per altri cinque anni dopo la secessione, clausola che per altro Khartoum ha sempre disatteso. Su questa pretesa sta nascendo una vera e propria diatriba tra Khartoum e Juba. Infatti allo stato attuale il sistema agricolo sud-sudanese non è affatto sfruttato (circa il 2% delle sue potenzialità) ma vi sono allo studio importanti progetti finanziati dai donatori internazionali che potrebbero portare il Sud Sudan a essere il maggiore fornitore di prodotti agricoli dell’Africa. E’ chiaro che a Juba non ci pensano nemmeno di implementare progetti agricoli per sfamare il Sudan. Al limite potrebbero concedere la divisione delle risorse basandosi sulla attuale produzione agricola che, come detto, è risibile.

Progetti per l’agricoltura in Sud Sudan – Di progetti ce ne sono tanti di cui una buona parte studiati e implementati a livello locale da varie Ong. Nel nostro caso analizzeremo quelli che invece sono affidati dai donatori internazionali direttamente alle istituzioni sud sudanesi o alle Ong più grandi. Tra i più importanti c’è un vecchio progetto di World Bank rispolverato ultimamente dal grande istituto internazionale, il “Mungalla Sugar Project”. Questo progetto prevede la bonifica di un vasto territorio che va dalla città di Poko e, passando per Bor arriva fino a Kongor (regione di Jonglei). Il progetto originale, studiato nel 2003, prevedeva oltre alla bonifica, decine e decine di canali di irrigazione che avrebbero favorito l’agricoltura anche in periodi di siccità. L’acqua per i canali, a scorrimento continuo per impedire il deposito delle larve di zanzare, verrebbe presa dal Nilo (Mountain Nile) dove poi tornerebbe una volta attraversato le terre bonificate. Questo progetto, mastodontico e all’avanguardia, permetterebbe  agli agricoltori sudanesi di sfruttare al meglio la fertilissima terra ma ha aperto un contenzioso sullo sfruttamento delle acque del Nilo con l’Egitto che si oppone fermamente a qualsiasi sbarramento delle acque a monte del grande fiume (ne parleremo nel capitolo dedicato allo sfruttamento del Nilo). Altri progetti, sempre finanziati da World Bank, sono previsti anche in altre regioni, in particolare in quelle di West Equatoria, Bahr al Jabal, Lakes e Unity. (La seconda parte domani)………

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TAGGED: abyei, conflitti in sud sudan, economia del sudan, economia in sud sudan, elezioni in sudan, petrolio in sud sudan, petrolio in sudan, referendum in sud sudan, secessione del sud sudan, situazione in sud sudan, sud sudan
Franco Londei 22 Gennaio 2011

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