Due parole con Munir, gay palestinese rifugiato in Israele, sulla esclusione di Israele dal Gay Pride

12 Giugno 2010

Munir è il suo vero nome, il cognome non vuole che lo pubblichiamo perché, dice lui, ha ancora parenti nella Striscia di Gaza e non vorrebbe che fossero fatti oggetto di ritorsioni da parte degli sgherri di Hamas. Munir è un ragazzo omosessuale palestinese rifugiato in Israele, fuggito a metà del 2009 dalla Striscia di Gaza verso Israele dove sta ottenendo lo status di rifugiato.

tel aviv gay Jerusalem PrideIncontro Munir di fronte alla sede della associazione “Aguda”, la più grande associazione per gay, lesbiche, bisessuali e transgender israeliana. Aguda si occupa da diversi anni dei Diritti degli omosessuali israeliani e palestinesi. In particolare per questi ultimi l’associazione è molto attiva nell’assistenza verso coloro che sono entrati illegalmente in Israele e sono quindi irregolari. I gay palestinesi irregolari, per sopravvivere, sono costretti ad andare a prostituirsi vendendosi spesso a uomini arabo-israeliani che in molte occasioni abusano di loro e della loro condizione di clandestini. I volontari di Aguda girano nei luoghi dove questi ragazzi si prostituiscono e, oltre a rifocillarli e a donare loro del denaro, cercano di convincerli a chiedere asilo politico a Israele e, quindi, a regolarizzare la loro posizione. Ma la paura di essere rispediti a Gaza o in Cisgiordania però è troppo forte e supera di gran lunga il miraggio di una posizione regolare anche se, bisogna dire, la polizia e l’esercito israeliano sono molto tolleranti verso questi ragazzi palestinesi, sanno che se li arrestassero dovrebbero essere espulsi e questo vorrebbe dire, per loro, una sicura condanna a morte. Per questo motivo molti di loro preferiscono la condizione di clandestinità piuttosto che rischiare di essere rispediti indietro.

Munir è invece uno di quelli che ha avuto il coraggio di emergere, di venire allo scoperto e di chiedere asilo politico a Israele. Quando è stato interrogato per verificare se ci fossero i presupposti per la concessione dello status di rifugiato, ha letteralmente fatto impallidire i suoi interlocutori raccontando come viveva lui, omosessuale, a Gaza. Pestaggi, insulti per strada, sberleffi alla sua famiglia, ai suoi amici e infine l’arresto come collaborazionista di Israele. E si, perché è questa la tecnica usata dalla polizia di Hamas per incarcerare gli omosessuali, gli accusa di essere collaborazionisti di Israele. Una volta in carcere vengono seviziati, torturati e dati in pasto agli altri detenuti. A Munir hanno dato una infinità di punti all’ano, seviziato con un bastone dai poliziotti di Hamas. I suoi genitori hanno dovuto pagare l’equivalente di 600 dollari per farlo uscire dalle carceri di Hamas. Altrettanto hanno dovuto pagare per il trasbordo in Egitto e di li in Israele.

Quando è arrivato in Israele, Munir ha fatto quello che fanno gli altri ragazzi palestinesi omosessuali riusciti a sfuggire ad Hamas o ai poliziotti di Fatah, in Cisgiordania, si è prostituito. Una sera incontra i volontari di Aguda che si aggiravano per il quartiere della vecchia stazione degli autobus di Tel Aviv, zona rinomata per la prostituzione omosessuale. I volontari, non si sa come, lo convincono ad emergere e a chiedere asilo a Israele. Lo avvisano che la battaglia sarà lunga perché lo Stato ebraico non vuole dare un appiglio legale per chiedere asilo politico in Israele. Non si vuole creare un precedente altrimenti qualsiasi palestinese potrebbe ottenere asilo definendosi semplicemente omosessuale e quindi perseguitato per ragioni di genere. Nonostante le difficoltà, Munir decide di correre il rischio. Inizia così una lunga battaglia portata avanti dalla associazione Aguda, una battaglia fatta di Diritto umanitario e di Diritti Umani, fatta di visite mediche a volte imbarazzanti, di colloqui con gli psicologi e con la sicurezza interna. Oggi Munir ha un permesso provvisorio che non è un vero e proprio riconoscimento di status di rifugiato, ma è quanto di più simile.

I miei genitori sono stati molto comprensivi con me, non avrei mai creduto che mio padre avrebbe capito la mia situazione e che mi avrebbe aiutato a fuggire” mi dice Munir. “Anche i miei fratelli, passata l’iniziale vergogna, hanno capito e questo è una cosa molto rara nella cultura palestinese. Conosco dei ragazzi omosessuali palestinesi che verrebbero uccisi dai loro fratelli se solo si presentassero a casa”. Munir non capisce come gli organizzatori del Gay Pride spagnolo abbiano voluto escludere la partecipazione di una delegazione di omosessuali israeliani quando proprio Israele è uno dei Paesi più tolleranti con l’omosessualità. “Non capisco come gli spagnoli abbiano potuto rendersi colpevoli di una così grande discriminazione, loro che lottano ogni giorno proprio contro le discriminazioni. Non può che esserci una ragione politica dietro a tutto questo” dice con foga mista a rabbia, Munir. “Perché allora non dicono una sola parola sulle persecuzioni alle quali sono sottoposti i miei fratelli in Palestina? Perché non parlano delle uccisioni dei gay in Iran e nei paesi arabi? Un Gay Pride deve essere l’occasione per ricordare al mondo le persecuzioni contro gli omosessuali non diventare una manifestazione politica e discriminante”. E poi continua, “se voleva essere un messaggio di solidarietà al popolo palestinese è il messaggio più sbagliato che potevano concepire, di una stupidità grandiosa, perché gli omosessuali palestinesi devono rifugiarsi in Israele se vogliono sopravvivere”.

Munir convive con un ragazzo israeliano da tre mesi e non ha mai subito, da quando è in Israele, alcuna forma di discriminazione, né per la sua razza, né per la sua sessualità e ieri ha partecipato al Gay Pride di Tel Aviv. Lavora come barista e quando può da una mano come volontario alla associazione Aguda. “La discriminazione è insita nell’uomo malvagio, questo lo sappiamo, ma che a fare discriminazione fossero i più discriminati (i gay n.d.r.) è davvero un enorme paradosso”. Parola di Munir, gay palestinese rifugiato in Israele.

Noemi Cabitza

Franco Londei

Politicamente non schierato. Sostengo chi mi convince di più e questo mi permette di essere critico con chiunque senza alcun condizionamento ideologico. Sionista, amo Israele almeno quanto amo l'Italia

4 Comments

  1. L’ennesimo esempio della democrazia israeliana e della stupidità di certi personaggi che  dietro alla difesa del diritto nascondono un odio viscerale verso tutto quanto è ebreo o israeliano. Io certi attivisti gay li manderei davvero nei paesi arabi per vedere se boicottano ancora Israele

  2. la decisione presa dagli organizzatori del gay pride spagnolo è quanto di più assurdo abbia mai sentito in vita mia. Concordo con Antonello, è solo l’ennesimo episodio di odio viscerale verso gli ebrei.

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